martedì 25 ottobre 2011

Così in terra, cosi in Italia



La crisi in Italia ha molti tasselli che si compensano tra loro e ai giovani questo non piace. Gli unici concorsi dove i ragazzi si buttano come la cavalcata delle valchirie sono quelli statali e la maggior parte, specie nel sud d’Italia sono per la polizia di stato, carabinieri, esercito, guardia di finanza e simili. L’Italia dal volto militaresco, un volto distinto dagli altri paesi a rimanere in una forma rigida e morente che non trova alternative ma si affranca a quello che lo stato vuole dare per i propri interessi.

Ma la soluzione di un cambiamento viene dai giovani, da loro. Stando alle ultime notizie dei sondaggi, molti italiani hanno paura di invecchiare e se a questo fattore ci si mette l’angoscia di non trovare un lavoro sicuro e la ricerca del santo graal, ovvero la pensione, potremmo capire che lo schiavismo in Italia è esercitato da una cultura strettamente correlata ad un passato poco chiaro. E di quale cultura si parla? Quella tradizionale. Ecco un tassello importante.

La tradizione d’altronde cosa ci insegna? Avere un lavoro; una famiglia; dei figli che ti ascoltano; il rispetto dei genitori; l’onestà verso il prossimo; essere un buon cattolico; non osare mai nella vita se non quel tanto che basta per vivere.

Il risultato, stando a un sondaggio che si può fare benissimo uscendo dall’uscio di casa: un lavoro precario che rende gli italiani sempre più esasperati e nevrotici con sempre più famiglie in divorzio, dei figli alienati dai genitori che non condividono più e nemmeno si siedono a tavola per mangiare insieme, la mancanza di onestà verso il prossimo neppure più prossimo ma soltanto diffidenza e furbizia e di essere dei cattolici ma peggio di caino, rispettando i precetti di una chiesa corrosa dalla corruzione e dall’ignominia della pedofilia, morendo di crepacuore in un paese invecchiato dove molti giovani scappano all’estero e dove molti altri giovani di paesi diversi, corrono a riempire una penisola riconosciuta solo a livello topografico.

La domanda sorge spontanea in questa concatenazione usurata: a che servono questi giovani? Il problema più drammatico è che l’amore dai loro occhi muore presto; basta vederlo alle fermate degli autobus o passeggiando in centro o anche solo parlandoci e accorgersi che tutto è anacronistico e quello che i genitori urlano a loro di essere dei scansafatiche, si tratta invece di spronarli a portare avanti le paure di un mondo ampiamente andato avanti.

«Lo sviluppo e largo ai giovani,» è uno spot più illusorio di una falena che insegue il sole e basta ascoltare i giovani di una volta, quelli degli anni 60’, 70’, di quanto amaro abbiano in bocca. Un inizio concreto è che si potrà fare per i giovani a patto che ci si liberi di questa condizione misera che si fregia del titolo di politica, poiché le manifestazioni di oggi per nulla ascoltate, sono la chiara espressione democratica di un popolo nel quale si evidenzia un malessere urgente nei confronti di quelli avvinghiati sugli scranni e che non sono tollerati ma che tuttavia non mollano la sedia perché è un loro diritto, sancito dalla costituzione.

Ma la costituzione si basa su persone in carne ed ossa e non di principi per i principi stessi, sennò a chi li applichi questi principi? Alle zebre? Certo che la costituzione ti dice di portare avanti il tuo mandato ma ti dice anche che se non sei in grado di portarli avanti per motivi validi te ne devi andare, «qualora non esercitasse correttamente le sue funzioni,» sarà ripetuto in forma simile più o meno una quarantina di volte nella costituzione. E il controllo di queste non corrette funzioni deve essere esplicata a tutti gli effetti e inderogabilmente dal popolo, proprio come cita all’articolo 1.

Solo liberandoci di una condizione del genere ci sarà modo di rompere il patto decennale con le grandi aziende storiche d’Italia, le quali hanno ampiamente livellato la morfologia industriale italiana, tenendo in scacco altre realtà industriali in un potere oligarchico. Incentivare poi con milioni di euro, quelli che lo stato dava per aiutare le aziende storiche in crisi, soldi nostri, e che fortunatamente l’Europa ha detto stop a questo aiuto sfrontato e possiamo dire anche illegale.

Dopotutto non penso che qualcuno abbia interesse di aggiustare la caldaia del palazzo di fronte mentre quelli che ci abitano non toccano nemmeno un soldo dalle loro tasche ed è quello che è avvenuto. E per effetto di una reazione a catena, come d’incanto, vedremo la popolazione ringiovanire, i giovani non scappare più da questa terra martoriata e migliorare culturalmente riacquisendo il senso del rispetto che tanto manca per vivere. Banzai!


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