venerdì 5 aprile 2013

Ecloga



La tragedia di noi italiani? Noi. Quando la gente si uccide, la costituzione sarà per sempre distante anni luce e non più solidale con nessuna soluzione. Sulla carta vinciamo, in casa moriamo. Cosa può mantenere questa costituzione utile all'atto pratico di tutti i giorni per ciascun italiano? I politici valutano il cambiamento come intenzione non come fatti.

Dire "quello che noi vogliamo portare in parlamento", dopo 20 anni di disastro vuol dire fare fede sulla memoria storica di un popolo che non ne ha e non se ne fa nulla e non la vuole, è fare fede sulla logica dei fatti resa da decenni verso l'azzeramento totale è una grossa vittoria già in partenza.

Le vite cadute come mosche per propria mano è un fatto. 150 anni di storia con esempi, virtù, stragi, morti, suicidi, scandali, sono un fatto. E per questo, non un solo fatto oggi dovrebbe portare la casualità.

Le preghiere non servono, la speranza ingolfa, rivedere il passato su come agire nel presente è inutile, usare persone con un passato oscuro per risolvere i nostri problemi, scelti da Napolitano, colui il quale ha avuto anch'esso un passato oscuro è come non aver cambiato nemmeno un punto della nostra storia.

Abbiamo fallito e l'Italia che dovrebbe risorgere è come un corpo di un terminale tenuto in vita a colpi di siringhe che allungano di un giorno la sua esistenza. Ma qual'è stata la nostra storia? La nostra storia è stata questa fine? In quale momento la nostra cultura si è declinata, in quale momento della nostra storia, tutto si è schifosamente caricato di questo orribile odio, di questa orribile coscienza così leggera e grottesca?

Dobbiamo ringraziare l'obiettivo che sta portando avanti da Licio Gelli? La non-cultura di Berlusconi in 20 anni di non-storia della non-politica? Quale coscienza dobbiamo prendere in considerazione per far riapparire i problemi come fatti da risolvere immediatamente e non più moltitudini di fatti resi indifferenti all'opinione pubblica?

Abbiamo capito che i litigi politici non sono affari nostri, abbiamo capito che chi si suicida non sono affari nostri ma dei politici, abbiamo capito che chi non ha un lavoro non sono affari nostri, abbiamo anche capito che chi frega il prossimo "ha fatto bene". Cosa riguarda quindi la vostra rabbia? Cosa può costruire il vostro disprezzo a questi problemi, con la forza del vostro disinteresse? In che modo si può cominciare se ognuno sta con le spalle al muro e spinge col braccio chi non può, nel mezzo di questa merda?

Se una persona si uccide, ha chiarito il solco tracciato dalle istituzioni con la realtà che non fa più orecchie da mercante o è stupito ma lo sa e ti guarda come un fatto cui è sicuro che dovrai accettare perché il tuo atteggiamento a questo disastro è morbido, leggero leggero.

E' un accanimento violento di pura paura poiché ognuno deve crollare prima di noi indipendentemente dalla soluzione. Come bestie mandate al macello cui avvertono la fine e si dimenano nei corridoi ferrati. Abbiamo finito? Si, ho finito.

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