lunedì 2 gennaio 2012

Cioè, capito?


I giovani di una volta erano i migliori. Quali? quelli degli anni 40? Famosi con le loro camicette nere quando rincorrevano gli ebrei a guardia e ladri o quelli degli anni 50' inondati meglio di una droga dal sogno americano o quelli degli anni 60', quella dove Montale e Pasolini odiavano poiché vivevano gli influssi del boom economico, ballando lo swing? Non c'è stata una generazione giusta, esistono giovani che si ricordano di pensare col cuore e insegnano la storia a fare un passo in avanti.

I giovani come i loro padri hanno sempre avuto bisogno di rappresentare chi è stato più grande di loro. Come dei presentatori delle belle idee, fingendo in quello la propria forma migliore. A malincuore, devo dire che hanno rotto i coglioni gli esempi dei grandi uomini in questo secolo ma non per la loro efficacia ma per il loro rovescio perché son stati da sempre ottimi pretesti per una moltitudine di persone inerti che le hanno mosse davanti alle difficoltà senza agitare nemmeno un pelo del proprio culo.

Chi porta avanti le idee degli altri, le trasforma col proprio cuore per disturbare, per battere quel singulto che era insito nella nostra primigenia in quanto unicum, prima ancora di venire alla luce, scalciando dal pancino della mamma, rompendo i coglioni, piangendo forte e infine portata avanti. I guai sono le idee degli uomini del passato nei loro tempi di magra che mischiati al nostro presente trasbordante di privilegi e di pensieri più atrofizzati di un paraplegico sulla morale, sulle differenze da constatare, sui tempi da seguire, sul prossimo da aspettare, sulla coscienza.

Si deve capire che un benessere acquisito e regolarizzato a livello globale nelle coscienze di ognuno come "la cosa giusta", porta al suo interno del male acquisito ed accettato, vuoi per rassegnazione, vuoi perché dopotutto fa equilibrio ma è pur sempre un'ordine che può essere stravolto e rifatto secondo le esigenze di adesso, del presente, poiché nulla si inscrive nella storia, nulla permane eterno, nemmeno l'amore. Pure il potere, anche chi c'ha il cazzo più grosso del pianeta deve soccombere agli eventi.

Di per sé è come dire:"Non faccio niente, porto avanti le loro idee, perché essendo giuste posso tenermi linda la coscienza e in dovere di lagnare, aspettando qualcuno che porti alla luce l'efficacia della mia dissimulazione di idee che hanno fatto storia." E' arrivare in un punto illuminato che prima era nel buio della paura, dello scherno, del terrore con l'auto dopo che ci è arrivato uno sputando sangue.

A cosa serve nascere se mi devo mitizzare sulle altre storie senza impegnare a crearmi la mia di storia? Basta essere spettatori della vita, bisogna essere protagonisti della propria vita e non vi regalerò uscendo da questo post, nessun dépliant su ritrovi religiosi per suicidi di massa o enciclopedie di geova. State pur tranquilli. Non dico di formare adepti clonati. Ma la storia si addomestica dell'imprevisto, non ha la forza di insegnare, ti ricorda solo quello che non cambia mai fino al prossimo evento.

Non si cerca l'incoscienza, perlomeno, ritornare ad essere uomini. Banzai!!






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